Il fanta-Kennedy: a Dallas è sempre complotto

[pubblicato sull’Unità del 20 novembre 2012]

Unità KennedyGary Mack era un conspiracy buff, un fanatico della cospirazione. Frequentava lo zoo dell’assassinio Kennedy e sbarcava il lunario con quel parterre di ciarlatani, sedicenti ricercatori, esperti da strapazzo e strilloni di crocevia che da mezzo secolo affollano Dealey Plaza a Dallas. Particolarmente in autunno, quando il fascino del delitto più celebre della storia contemporanea incrocia il suo anniversario: 22 novembre, all’ora di pranzo. Sparsi sul poggio erboso, tra i banchetti degli spacciatori di souvenir, i professionisti della cospirazione hanno venduto di tutto all’ombra del deposito di libri più famoso del globo. Trovi periodici abusivi dedicati all’attentato, prenoti tour guidati con tanto di passaggio in Elm Street su una limousine modello Lincoln, audio-equipaggiata per riprodurre il boato degli spari. Il loro mestiere asseconda il desiderio di mistero e la fascinazione che l’icona JFK esercita sul pubblico: un’offerta da supermercato di suggestioni intriganti, tutte condite nella salsa del complotto dei poteri forti, l’ombra del Grande Fratello che ammazzò il presidente della Nuova Frontiera e le sue speranze di un mondo in pace.

Mack ha saltato la barricata, anzi, per gli altri buffs ha tradito. Da anni cura il Sixth floor Museum, una installazione permanente al sesto piano del deposito di libri scolastici dal quale, alle 12 e 30 di quel venerdì del 1963, l’operaio Lee Harvey Oswald aveva sparato i tre colpi di fucile più tragici del ventesimo secolo. Per quel terribile atto di violenza vigliacca, un’imboscata alle spalle, Mack ha smesso di incolpare la Cia e il governo. Non parla più di triangolazione di fuoco incrociata né di pallottole magiche. Anzi, ha pure offerto la sua consulenza ai team di Discovery e History Channel per i loro ultimi documentari, quelli che smontano le teorie degli assassini disseminati per la piazza. Ammette che da quella finestra – oggi protetta da una teca in cristallo – fu proprio quel giovane salariato dalla mente annebbiata, Oswald, a fare fuoco con il suo Mannlicher Carcano e a togliere la vita a Kennedy, di passaggio per un pranzo elettorale all’International Trade Mart. Fu Lee Oswald a staccare la spina della speranza in un futuro senza guerra fredda e, chissà, senza Vietnam. Per questo anniversario numero quarantanove, che coincide con il giorno del Ringraziamento, il museo di Dallas terrà aperto: per 16 dollari ci sono quarantamila reliquie dell’assassinio da osservare e poi c’è lei, quella finestra al sesto piano sulla parete di mattoni, un varco temporale che permise a un folle di cambiare la storia e di farsi immortale. L’oggetto più desiderato, l’arma del delitto, è invece altrove. Viene conservato, lontano dai guardoni, ai National Archives di Washington.

Un ex ciarlatano come Mack curatore del museo ortodosso della morte di Kennedy: è un segno dei tempi. Che la direzione del vento fosse cambiata, del resto, è evidente: se Stephen King avesse scritto il suo 22/11/1963 vent’anni fa, e non nel 2011, non avrebbe osato sposare la tesi più infamata della storia americana, quella presentata al mondo dalla commissione Warren. Tre colpi da dietro, un solo assassino, nessun complotto. Ai tempi trionfava il genio visionario di Oliver Stone, col suo docudrama capolavoro, JFK – un caso ancora aperto. Un film straordinario, infarcito di mezze verità e di invenzioni plateali, fuse con tanta arte da convincere definitivamente milioni di persone sull’autentica matrice dell’omicidio: Jack Kennedy martire dei diritti civili e della pace, liquidato da una squadra di cecchini assoldata dal governo in combutta con servizi segreti, petrolieri texani e frange estremiste dell’esercito. Ora, in vista del cinquantesimo anniversario del 2013, la Playtone Production di Tom Hanks sta iniziando le riprese di Parkland, un film ambientato nell’ospedale in cui JFK fu dichiarato morto. Il regista Peter Landesman rifiuterà ogni speculazione su fantomatici responsabili del crimine, quelli che a casa nostra fanno ancora notizia: la teoria del complotto, in Italia, ha sempre goduto di ottima salute. A sinistra si ebbe gioco facile nell’incolpare dell’omicidio la destra reazionaria, intollerante nei confronti di un capo della Casa Bianca troppo progressista. A destra, si ipotizzava l’Oswald fuggiasco in Russia come pedina di un omicidio firmato da Cuba e dai sovietici, una joint venture delittuosa tra Khrushchev e Fidel Castro. E poi, vuoi mettere la bellezza del mistero.

Ma la primavera del complotto è in declino, dopo i colpi mortali assestati dalla scienza forense ai teorici dell’imboscata in piazza e dell’Oswald capro espiatorio. Una ricostruzione maniacale della scena del crimine da parte di una squadra di tecnici e scienziati della rete tv Discovery ha ricreato le esatte condizioni della sparatoria: tre colpi a disposizione in circa otto secondi. Stessa distanza tra finestra e Limousine, stessa arma e proiettili full metal jacket calibro 6.50. Un tiratore scelto – quale era l’ex Marine Oswald –  ha replicato la sparatoria nei tempi stabiliti e prodotto, su manichini balistici, gli stessi esiti mortali che il filmato di Abraham Zapdruder fissò sulla sua pellicola 8 millimetri. Del resto gli anatomo-patologi lo confermano: se il povero presidente fosse stato colpito da davanti, oppure dal lato destro da un killer nascosto sulla collinetta, non si sarebbe prodotta la ferita fotografata dai periti della Naval Medical School di Bethesda in sede di autopsia: un foro di uscita con apertura ‘a rosa’ della teca cranica, tipico di un colpo che trapassa la testa e rompe le ossa da dentro verso l’esterno. Una ricostruzione in Cad dell’abitacolo presidenziale mostra che la posizione dei corpi del presidente e del governatore Connally, tutt’altro che allineata come si è fatto credere per decenni, smonta la favola del “proiettile magico”, quello che avrebbe ferito i due uomini zigzagando eppure rimanendo intatto. Quella pallottola seguì, invece, una traiettoria rettilinea e rimase relativamente poco danneggiata perché non incontrò ossa o elementi sufficientemente compatti per frammentarsi. L’unico studio dell’era digitale in controtendenza è quello condotto nel 2007 dall’Ansa, insieme a un ufficiale dell’esercito: teso a escludere la possibilità di un unico tiratore quel giorno a Dallas, si rivelò una collezione di imprecisioni.

Certo, al delitto Kennedy rimangono appese frange di dubbio. Su tutte la sorte del primo sparo, che non colpì gli occupanti dell’auto e si perse chissà dove, salvo far sentire i suoi effetti dal lato opposto di Dealey Plaza, dove una scheggia di marciapiede graffiò la guancia di uno spettatore casuale del corteo. Che è ancora vivo, si chiama James Tague, lo chiamano «il terzo ferito di Dallas» ed rimane certo, a dispetto di ogni evidenza, che qualcuno fece fuoco dalla collinetta. Ma perché Oswald mancò il bersaglio col primo colpo? A lungo si è ipotizzata la deviazione di un ramo della quercia sempreverde davanti alla finestra del cecchino, peraltro non provata. Dopo quasi cinquant’anni, però, anche l’ultimo interrogativo sembra pronto a essere sciolto: il giornalista Max Holland ha intitolato a quel lost bullet un lungometraggio che rivela un particolare mai notato. Il semaforo tra Houston ed Elm Street era in linea di fuoco col cecchino dal deposito, impegnato a mirare la testa del presidente col telescopio. Ebbene: nei filmati e nelle foto d’epoca la lamiera del semaforo mostra un foro, proprio come se qualcosa lo avesse bucato. Purtroppo quel semaforo non c’è più, fu sostituito e buttato via anni dopo l’assassinio. Avrebbe chiuso la partita per sempre. Il fanta-Kennedy, insomma, rantola ma resiste e, forse, vivrà per sempre: non voler credere che un miserabile possa aver deviato il corso degli eventi umani con un fucile comprato per posta, sgusciando via dalle mani degli agenti con una fuga in autobus, è un modo come un altro per restare aggrappati a una verità più accettabile. E sicuramente più intrigante che non quella offerta dalla storia, elementare e agghiacciante, di un giovane fallito che sfogò le sue frustrazioni armando una carabina bellica di fabbricazione italiana contro l’uomo più potente del pianeta.

20 pensieri riguardo “Il fanta-Kennedy: a Dallas è sempre complotto

  • 17 Dicembre 2023 in 17:58
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    Grazie per la risposta signor Verdegiglio. 

    Rispondi
  • 15 Novembre 2017 in 19:12
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    Salve a tutti,
    anch’io,come tutti noi che visitiamo questo sito,sono un appassionato di questo assassinio,ho letto il libro di Diego Verdegiglio che è ben scritto e ben dettagliato.
    Dopo aver visionato i vari filmati,letto i vari documenti ufficiali che ho trovato su internet e letto,quasi tutto,il rapporto Warren,sono giunto a questa conclusione (che è soltanto una mia modesta opinione):
    1)  Oswald ha sparato al presidente Kennedy
    2)  Ricordiamoci che siamo nel periodo della guerra fredda e secondo me,la Cia,l’Fbi e il governo americano avevano paura di scoprire che Oswald poteva essere stato aiutato da cubani o russi per uccidere il presidente Kennedy e per evitare un conflitto mondiale,non approfondirono le indagini.In più ci sono state carenze investigative,vedi il caos dell’impronta palmare sul fucile,le iniziali dell’agente Poe sui bossoli che prima aveva detto di aver messo per poi ritrattare,lo sbaglio di aver chiamato il fucile di Oswald,prima Mauser e poi Carcano,creando così sospetti di complotto.
    3)  Secondo me,Oswald aveva uno o più complici.L’unica pecca del Rapporto Warren sta nel tragitto che Oswald fa,quando esce dalla pensione al numero 1026 North Beckley ave e arriva alla decima strada,luogo del omicidio Tippit.
    Nessun testimone,solo supposizioni.Secondo me,l’unico modo che aveva Oswald per arrivare in poco tempo sul luogo del delitto è che ci è arrivato in macchina e quindi aveva almeno un compice.
    Poi è strano che,uscendo dalla pensione,si mise ad  aspettare vicino alla fermata dell’autobus che andava in una direzione e poi decise di andare nel senso opposto.
    Arrivato sulla decima strada,andava incontro alla macchina dell’agente Tippit,vide quella macchina e fece una inversione di marcia creando in Tippit,un sospetto.Poi sappiamo tutti com’è andata….
    Ovviamente è solo una mia opinione.
    Vorrei sapere una sua opinione al riguardo.
     
    Le auguro una buona serata.

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    • 15 Novembre 2017 in 19:31
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      Lo chiede a me o a Ferrero?

      Rispondi
      • 16 Novembre 2017 in 2:06
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        A lei e al signor Ferrero.Grazie

        Rispondi
    • 16 Novembre 2017 in 11:18
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      Secondo me,Oswald aveva uno o più complici.L’unica pecca del Rapporto Warren sta nel tragitto che Oswald fa,quando esce dalla pensione al numero 1026 North Beckley ave e arriva alla decima strada,luogo del omicidio Tippit. Nessun testimone,solo supposizioni.Secondo me,l’unico modo che aveva Oswald per arrivare in poco tempo sul luogo del delitto è che ci è arrivato in macchina e quindi aveva almeno un compice.Poi è strano che,uscendo dalla pensione,si mise ad  aspettare vicino alla fermata dell’autobus che andava in una direzione e poi decise di andare nel senso opposto.

      OSWALD NON AVEVA COMPLICI. QUEL TRAGITTO A DALLAS DALLA PENSIONE ALL’INCRONCIO FRA TENTH E PATTON L’HO FATTO COI MIEI PIEDI (DOPO AVER ATTESO UN MINUTO FERMO SUL MARCIAPIEDE) E I TEMPI CORRISPONDONO A QUANTO RILEVATO DAGLI INVESTIGATORI A SUO TEMPO. IL FATTO CHE SI METTESSE AD ATTENDERE L’AUTOBUS E’ LA TESTIMONIANZA DI UNA DONNA, EARLENE ROBERTS, CHE GESTIVA LA PENSIONE DOVE ALLOGGIAVA OSWALD. ECCO QUANTO SCRIVO DI LEI NEL MIO LIBRO: “La padrona di casa di Oswald, Earlene Roberts, era una vedova sessantenne sofferente di confusione mentale, gravi disturbi cardiaci, ulcere esofagee, cataratta, polmonite. Il risultato dell ‘ autopsia eseguita al Parkland Hospital di Dallas fu che era deceduta per “infarto miocardico acuto”, la sua morte non era “sospetta”. Ecco quanto ha detto il giornalista Hugh Aynesworth a Oriana Fallaci: “Fui il primo giornalista a parlarle. La sua intelligenza era inversamente proporzionale al suo peso: centocinquanta chili. Ogni volta che la vedevo mi diceva cose diverse… Era una testimone quasi inattendibile e me ne resi conto quando raccontò alla Commissione Warren che un’auto della polizia s’era fermata dinanzi alla casa e aveva suonato il clacson due volte, come per avvertire Oswald di uscire. A me la signora Roberts non lo aveva detto. Quando le chiesi perché lo avesse detto alla Commissione, rispose: Perché pensavo che gli facesse piacere sentirmi dire una cosa così. Sembravano così contenti mentre lo dicevo!. Era pietosamente sciocca. Se le dicevi: Earlene, confessa che l’hai ammazzato tu il Presidente, lei diventava seria e diceva: L’ho ammazzato io “. 

      Rispondi
      • 16 Novembre 2017 in 11:21
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        Lascio la continuazione della risposta a Federico Ferrero, se vorrà risponderle

        Rispondi
  • 17 Maggio 2017 in 6:54
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    Perché “rimane certo, a dispetto di ogni evidenza, che qualcuno fece fuoco dalla collinetta.”? Se non c’è “evidenza” (=prova) non può essere certo, ma solo congettura.

    Rispondi
    • 20 Novembre 2017 in 17:03
      Permalink

      Infatti. L’evidenza è il solo Oswald dalla finestra del deposito, la congettura senza prove è il killer dalla collinetta

      Rispondi
  • 30 Aprile 2016 in 14:31
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    Signor Andrea, il mio libro non è stato più ristampato. Può trovarlo usato oppure posso inviargliene una copia xerografata rilegata. Mi scriva alla mia email dv52@libero.it. Cordiali saluti. DV

    Rispondi
  • 27 Aprile 2016 in 20:44
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    Buona sera Sig. Verdegiglio..dove posso comperare il suo libro. Grazie e buona serata

    Rispondi
  • 15 Marzo 2015 in 2:16
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    Dal sito “Ignoto e Misteri”: “Lady Babushka è un soprannome dato ad una enigmatica e sconosciuta donna presente durante l’assassinio del presidente John F. Kennedy quel tragico giorno, si ritiene che potrebbe aver fotografato gli eventi che si sono verificati a Dallas nella Dealey Plaza, nel momento in cui il presidente Kennedy fu assassinato. Il suo soprannome nasce dal foulard che indossava simili a sciarpe indossati dalle donne russe anziane, infatti (babushka) significa nonna o vecchia in russo. Babushka è stata vista essere in possesso di una fotocamera da testimoni oculari ed è stata vista anche nei video dell’assassinio. È stata osservata in piedi sul prato tra Elm e le principali strade, la si può vedere nel film Zapruder, così come nel film di Orville Nix. La Babushka non si è mai presentata agli appelli del FBI rivolto a tutti coloro avevano scattato foto o realizzato delle riprese video, tutto materiale che poteva far luce sul killer di Kennedy. Nel 1970, una donna di nome Beverly Oliver si fece avanti affermando di essere la Lady Babushka. I critici hanno notato una serie di incongruenze con la sua storia come il suo presunto utilizzo di un modello di fotocamera che non esisteva nel 1963, inoltre Babushka sembra essere una donna di mezza età, Oliver aveva 17 anni al momento dell’assassinio, questo è un’altro tassello che mette in dubbio le dichiarazionui di Oliver. Ma chi è? sono state dette tante ipotesi, qualcuno addirittura che possa essere una viaggiatrice del tempo, ma resta il fatto che è un mistero insoluto. Lady, in una famosa foto pochi istanti l’accaduto, è stata immortalata con persone che scappano in preda al panico mentre lei si allontana con calma. Ecco il mistero, è l’unica, tra le persone ritratte in questa scena, che L’FBI non abbia mai identificato”.

    Cosa aggiungere? Che a Dallas già pochi mesi dopo l’attentato nessuno voleva più sentir parlare della morte di Kennedy e alcuni testimoni erano molto infastiditi o angosciati (vedi Brennan, Zapruder) dalla non voluta pubblicità delle loro deposizioni alla Commissione Warren? La Babushka Lady non voleva seccature e investigatori fra i piedi né interrogatori? Morì forse dopo qualche settimana (malattia, incidente) senza riuscire a sviluppare ciò che aveva ripreso con la sua macchina fotografica (o con la sua cinepresa) né a parlarne con qualcuno? Non lo sappiamo. Questa donna resta un mistero insoluto e qualcuno ha ipotizzato che in realtà sia sua la famosa foto Polaroid attribuita a Mary Moorman (si veda su Google: “The Moorman Photo Was Shot By The Babushka Lady”).

    Rispondi
    • 23 Marzo 2015 in 12:00
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      Grazie per la sua opinione.Però è strano che nessuno sappia niente di lei ma come dice lei:resta un mistero insoluto.Se la foto attribuita a Mary Moorman,è di Lady Babushka,allora la Cia sa chi fosse!!!Forse l’identità di questa donna è presente negli oltre 1000 documenti ancora riservati che sono in possesso della Cia e che saranno resi pubblici,forse,nel 2017.
      Grazie per avermi risposto
      Cordiali saluti
      Alessandro D’Antuono

      Rispondi
      • 23 Marzo 2015 in 21:24
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        Si figuri. Dubito fortemente che gli archivi sveleranno fra due anni cose che già non sappiamo

        Rispondi
  • 3 Marzo 2015 in 15:14
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    Salve Sigor Ferrero,
    oggi mi sono imbattuto in un sito di misteri irrisolti e mi sono soffermato su un articolo chiamato:”Il mistero di Lady Babushka”.Lady Babushka (non so perché l’hanno chiamata così) è una donna vestita di giallo che fotografa o riprende con una videocamera il passaggio dell’auto di Kennedy in una ottima posizione,durante gli spari.Appare in alcune fotografie e nei video (Muchmore e Zapruder).Non è mai stata rintracciata e ne hanno potuto vedere ciò che aveva fotografata o ripreso.Però la cosa che mi sorprende è che Lady Babushka appare in piedi e in tutta tranquillità mentre tutte le altre persone, dopo lo sparo, si sono coperte o gettate a terra.Con questo non voglio dire che fa parte di un complotto,però è strano….
    In un altro sito,hanno spiegato che la donna non si era fatta viva pubblicamente perché si era scordata di togliere il tappo davanti all’obbiettivo e se ne vergognava.
    Siccome lei è molto informato sull’assassinio Kennedy vorrei sapere se ciò che hanno detto è vero oppure è l’ennesima leggenda mertopolitana.Giro la domanda anche a Diego Verdegiglio visto che frequenta questo sito ed ho avuto il piacere di leggere il suo libro sull’argomento.
    Grazie
    Alessandro

    Rispondi
  • 16 Gennaio 2015 in 17:56
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    “La particolarità della teoria del complotto è che risulta impossibile da smontare. Ogni elemento fornito per farlo, viene poi interpretato dai complottisti come ‘prova’ ulteriore delle loro ragioni. Lo sfaldamento della fiducia fra una buona parte dei cittadini, le elite e i media, produce una contro-cultura che si esprime soprattutto sulla Rete e sui social network. Il punto di partenza consiste nel contestare la realtà materiale dei fatti sui quali si è creata la storia condivisa, proprio perché si tratta di una narrazione “ufficiale”, e perciò destinata a confondere il popolo riguardo ai funesti disegni dei suoi governanti, delle lobby reali o immaginarie e di una professione giornalistica ‘asservita’” (Jean-Yves Camus, Il Fatto Quotidiano, 15-1-2015 p. 9).

    Rispondi
  • 16 Aprile 2014 in 1:59
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    la cosa che piu di tutto mi lascia perplesso e’ la seguente:COME E’ POSSIBILE CHE LA PALLOTTOLA ETNRATA DALLA SCHIENA (SI VEDE CHIARAMENTE SULLA GIACCA DI JFK)POSSA ESSERE USCITA DAL COLLO.
    la commissione warren da per unica pallottola quella che entra alla base del cranio (come da disegno allegato al rapporto) senza considerare minimamente il foro sotto la spalla.
    inoltre la stessa commissione prende per valida la testimonianza di brennan che vede uno sparatore appoggiato allo stipite della finestra con un fucile appoggiato alla spallaSINISTRA . chiaramente un tiratore mancino.
    qualcuno sa se Oswald fosse mancino??
    grazie

    Rispondi
  • 15 Marzo 2014 in 12:18
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    Signor Freccero come lei mi ha suggerito mi sono maggiormente documentato e resto dell’idea che ci siano chi analizza in buona fede e chi no purtroppo, ma oltre a questo vorrei chiederle, siccome non ho trovato spiegazioni, cosa successe a Hoswald dopo gli spari al presidente, ossia lui scese e tornò a casa prese una pistola e poi incontrò un polizziotto lo ammazzo e poi si infilò in un cinema, questo pare accadde, ma io trovo tutto molto strano ovvero quali furono i motivi per i quali ammazzo il polizziotto? e se invece aveva intenzione di farsi prendere perchè non restare nel posto dell’assassinio? ancora invece se voleva sfuggire sembrava che ci fosse riuscito era riuscito persino a tornare a casa??? mi puoi chiarire questa serie di perplessità grazie…..

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    • 12 Dicembre 2023 in 12:18
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      Stesso dubbio avuto dal sottoscritto. Perché Oswald non è fuggito come è accaduto per altri killer che si sono dileguati nel nulla? Vedi omicidi di mafia dove il killer si volatilizza…. Inoltre, corrisponde a verità che entrò nel cinema senza pagare il biglietto e per questo venne chiamata la Polizia? Possibile che un uomo che ha sparato a Kennedy, con tale precisione e determinazione, non abbia pianificato la fuga così da sparire nella folla? Ma entra in un cinema… Mi sembra il comportamento di uno troppo tranquillo, come se ciò che ha appena fatto, non lo preoccupasse minimamente..

       

      Rispondi
      • 14 Dicembre 2023 in 16:17
        Permalink

        Dopo 60 anni noi non siamo nella testa di Oswald per scoprire l’irrazionalità dei suoi comportamenti. Sappiamo solo cosa fece. Il “perché” rimane sepolto con lui e non possiamo giudicarlo oggi, coi nostri parametri mentali e togliendo gli eventi dal contesto in cui avvennero. La polizia non venne chiamata perché lui non pagò il biglietto, questo lo dice quel disonesto di Stone. Un negoziante di scarpe, Calvin Brewer, trovò molto sospetto l’atteggiamento di Oswald davanti al suo negozio proprio mentre ascoltava la radio che parlava di un poliziotto ucciso in quella zona. Brewer seguì Oswald e lo vide infilarsi nel cinema senza pagare. Solo allora avvertì la cassiera e chiamarono la polizia. Oswald non poteva dileguarsi nel nulla, non aveva né complici né soldi per farlo. Forse, una volta presa la pistola, si sarebbe potuto dirigere alla stazione dei pullman di Oak Cliff e da lì (coi 13 dollari e 87 centesimi che gli furono trovati in tasca) prendere una corsa per Laredo, alla frontiera messicana. ma è solo un’ipotesi. Il criminologo Mastronardi mi ha spiegato che certi killer (come Andrew Cunanan di Versace) nel loro inconscio vogliono essere catturati, ma vogliono rendere la cosa complicata agli inquirenti (“Catch me, if you can”), vogliono seminare dubbi. Se vengono presi negano tutto, anche l’evidenza, vogliono che i loro processi durino anni, decenni. Desiderano diventare delle celebrità carcerarie come Caryl Chessman, il “bandito della luce rossa”, o Robert Stroud, l'”ornitologo di Alcatraz”. Solo così acquisteranno importanza. E’ una psiche distorta che né io né Lei abbiamo e perciò ci risulta incomprensibile.

        Rispondi

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