Grandi gialli della storia

grandi-gialli-fsMassimo Polidoro, co-fondatore e segretario nazionale del Cicap (il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale) è considerato uno dei principali esperti internazionali nel campo della psicologia dell’insolito, del paranormale e delle pseudoscienze. Nel 2004 ha pubblicato per le Edizioni Piemme un volume in cui analizza i grandi gialli della storia, compreso il caso Kennedy. La vicenda di Dallas è stata studiata con imparzialità ed è un’ottima base di partenza per chi ha sentito parlare dell’assassinio del Presidente in maniera superficiale e vuole individuare i punti chiave delle battaglie tra ricercatori pro e anti cospirazione. Se volete ordinare il volume potete cliccare qui. In esclusiva per johnkennedy.it un paragrafo del capitolo dedicato a Kennedy: Il caso JFK e il problema della testimonianza oculare.

L’attendibilità della testimonianza oculare è uno dei fenomeni più studiati dalla psicologia. Come può dimostrare un semplice incidente automobilistico, i resoconti dei testimoni possono essere totalmente differenti l’uno dall’altro.

Un esempio interessante di ciò riguarda il naufragio del Titanic nel 1912. Delle circa settecento persone che si salvarono sulle scialuppe di salvataggio, e che quindi poterono assistere all’affondamento della colossale nave da crociera, metà si dichiararono convinte che il Titanic andò a fondo intero e metà che si spezzò in due tronconi. Queste ultime, come fu poi dimostrato con il ritrovamento della nave nel 1985, avevano ragione ma l’episodio dimostra quanto sia rischioso fidarsi solo delle testimonianze oculari. Chi deve raccontare un evento a cui ha assistito, inoltre, si trova in enorme in difficoltà se in quel momento era concentrato su qualcos’altro. Numerosi esperimenti lo dimostrano. In un sorprendente test realizzato da Daniel Levin della Vanderbilt University veniva mostrata la registrazione video di una partita di basket. Ai soggetti era chiesto di contare i passaggi di palla realizzati da una delle due squadre. Concentrati sul loro compito, oltre la metà dei soggetti non si accorgevano che a un certo punto scendeva in mezzo al campo una donna vestita da gorilla, camminava lentamente tra i giocatori e si batteva il petto davanti alla telecamera. Quando in seguito era loro mostrata di nuovo la videocassetta, in molti si rifiutavano di credere che fosse la stessa registrazione che avevano guardato prima. Il fatto di essere concentrati su qualcosa di specifico, li aveva distratti da tutto il resto.A Dallas la folla osservava il corteo ed era impegnata a festeggiare il presidente, non si aspettava certo che sarebbero stati sparati dei colpi di fucile. Inoltre, vi sono molti fattori che influiscono normalmente sui ricordi alterandoli: lo stato fisiologico ed emotivo in cui ci si trovava nel momento in cui è successo il fatto; le convinzioni che si acquisiscono in seguito su ciò che può essere successo; il desiderio di abbracciare un’ipotesi piuttosto che un’altra; le domande che vengono poste da un interrogatore per recuperare il ricordo. Come numerosi esperimenti hanno dimostrato, questi e altri elementi possono trasformare i ricordi, portando l’individuo a convincersi di avere assistito a fatti e particolari che in realtà non ha mai visto. (1)
C’è poi un aspetto particolare da sottolineare, quello dei “testimoni celebrità”, persone cioè che per caso si trovano ad assistere a un evento eccezionale e trasformano quella coincidenza in una vera e propria professione. Succede spesso ed è successo anche nel caso dell’assassinio di JFK. Un caso esemplare è quello di Jean Hill, una donna che si trovava su un’aiuola di Elm Street, sul lato opposto della collinetta erbosa. La Hill era in compagnia di un’amica, Mary Moorman, a sua volta divenuta celebre per avere scattato una Polaroid al momento dell’ultimo sparo. Quel 22 novembre 1963, la Hill rilasciò una deposizione all’ufficio di polizia che poi firmò riconoscendola come corretta. Nel resoconto si legge: «Mentre Mary Moorman stava per scattare una foto, guardavamo il Presidente e Jackie sul sedile posteriore e loro guardavano un cagnolino in mezzo a loro». In seguito precisò che era un «cagnolino bianco e soffice», ma quando le fu detto che non c’era nessun cagnolino tra i due, disse di essersi confusa con le rose bianche (in realtà erano rosse).Continuò dicendo che era corsa sul ciglio della strada gridando al presidente: «Hey, vogliamo farle una foto», Kennedy si era voltato verso di lei e in quel momento era stato colpito. Jackie aveva gridato: «Mio Dio, gli hanno sparato!» In realtà, guardando il film di Zapruder si vedono la Hill e la Moorman vicine, la Hill non si muove mai e Kennedy non si volta verso di lei. Gli occupanti dell’auto hanno invece smentito che Jacqueline abbia detto alcunché. Il resoconto, poi alterato e ingigantito più volte nel corso degli anni, continua e la Hill sostiene di avere sentito in totale cinque o sei spari, di avere visto gli agenti rispondere al fuoco e di avere notato un uomo sospetto correre dal Deposito libri. A questo punto la Hill si sarebbe messa a correre in mezzo alla strada, quasi investita dalla scorta del presidente, per seguire quell’uomo. In realtà, ci furono solo tre spari, nessun agente ha risposto al fuoco ed esistono numerose fotografie scattate dal momento degli spari in poi che mostrano come la Hill sia sempre ferma sull’aiuola. Anche dopo che il corteo è passato tutto, la Hill è sempre in piedi o seduta, vicino alla Moorman. Nonostante ciò, Jean Hill ha prodotto almeno due versioni di ciò che sarebbe successo dopo la sua corsa. In una l’uomo le sfugge nel parcheggio; nell’altra, più drammatica, viene bloccata da due agenti dei servizi segreti, che la prendono di forza e la costringono a seguirli in una stanzetta di un palazzo vicino.
In un’intervista rilasciata mezz’ora dopo l’assassinio a una televisione di Dallas, alla domanda: «Ha visto qualcuno o qualcosa che ha attirato la sua attenzione?» la sua risposta è «No». Ma negli anni quel “no” si trasforma radicalmente ed ecco che la Hill afferma nel 1986: «Ho visto un uomo sparare dietro la palizzata di legno. Ho visto uno sbuffo di fumo e del movimento sulla collinetta erbosa dove egli si trovava». Nel 1989 aggiunge anche un «lampo di luce» alla scena. Qui non si tratta più di ricordi falsati, di impressioni sbagliate dovute ai problemi legati alla testimonianza oculare, ma di ricostruzioni del tutto fantasiose. Particolari aggiunti anni dopo i fatti, quasi sempre per accreditare un’ipotesi molto popolare e capaci di trasformare una testimone come tanti in una celebrità. Non a caso, la Hill si era fatta quasi subito stampare discutibili biglietti da visita su cui si presentava come «la testimone più vicina» al Presidente nel momento dello sparo fatale. Vista la sua disponibilità, tutti i teorici della cospirazione l’hanno intervistata nel corso degli anni e per ognuno di essi lei ha sempre trovato qualche particolare o qualche dettaglio in più da raccontare. Ha scritto lei stessa un libro, The Last Dissenting Witness (L’ultima testimone dissenziente), il suo personaggio è stato immortalato in JFK di Oliver Stone e fino alla sua scomparsa, nel settembre 2000, era un’ospite fissa in TV e interveniva al pari di una star ai convegni dedicati all’assassinio, dove firmava autografi e si concedeva per le fotografie.


(1) A proposito dei problemi derivanti dalla testimonianza oculare si veda per esempio: Elizabeth Loftus, Memory, Pearson Addison Wesley, 1980; e in italiano: Giuliana Mazzoni, Si può credere a un testimone?, Il Mulino 2003.

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