La vita di Lee Harvey Oswald

Lee Harvey Oswald nasce il 18 ottobre 1939 a New Orleans in una famiglia della piccola borghesia statunitense. Il padre muore poco prima della sua nascita e la madre Marguerite si trova a dover crescere da sola Lee, il fratellastro John Pic e il fratello maggiore Robert Oswald. Lee passa l’infanzia sballottato da una famiglia all’altra, da vicini di casa a parenti, mentre i suoi due fratelli vengono chiusi in riformatorio poiché la madre non ha denaro sufficiente per mantenerli. L’infanzia di Oswald è molto difficile, i problemi aumentano quando la madre si risposa trasferendosi a Dallas. Il secondo matrimonio, tuttavia, naufraga poco tempo dopo e Marguerite si trasferisce nuovamente, questa volta a New York; approfitta della partenza per il servizio militare dei due figli maggiori per dedicarsi al figlio più piccolo, che non ha amici e ha sofferto in maniera particolare i continui cambiamenti di città e vita.

 
Il carattere di Oswald muta in maniera repentina. Da ragazzo triste e solitario ma sostanzialmente innocuo diventa infatti aggressivo e violento, al punto tale che la direzione della scuola da lui frequentata chiede una perizia psichiatrica. La diagnosi è pesante: il piccolo Oswald risulta essere un giovane disturbato, manesco, in preda a frequenti deliri di onnipotenza, del tutto separato rispetto al contesto sociale e gravemente sofferente per una perdurante carenza affettiva. Il giudice competente ordina che il ragazzo sia sottoposto a cure adeguate ma la madre si rifiuta di obbedire all’ordinanza e scappa a New Orleans col ragazzo. Il comportamento di Oswald peggiora ulteriormente: Lee abbandona la scuola a sedici anni e tenta di arruolarsi in Marina. La sua domanda per entrare a far parte degli United States Marine Corps è tuttavia respinta.
La sua vita prosegue fra continui spostamenti (più di venti in meno di vent’anni) finché, nel 1957, Oswald riesce finalmente ad arruolarsi nei Marines raggiungendo il fratello Robert. La sua situazione tuttavia non migliora, spesso si ritrova isolato ed emarginato per il suo carattere schivo e le sue dichiarate simpatie comuniste. Oswald era già appassionato di armi e si era procurato un fucile Marlin calibro 22 per addestrarsi prima dell’arruolamento. Non perde la sua passione per le armi nel servizio militare tanto che, poco prima di essere trasferito in una base aerea giapponese, subisce un provvedimento disciplinare per essersi accidentalmente sparato a un braccio con una pistola non registrata. In seguito a un altro episodio di insubordinazione (si mette a sparare a casaccio da una torre di guardia) Oswald è punito con un nuovo trasferimento in Giappone e viene, di fatto, declassato e isolato.

Durante la prima metà del 1959 decide di dare una svolta alla propria vita: chiede e ottiene di abbandonare il corpo dei Marines, passa a salutare la madre a Fort Worth e si imbarca per Helsinki, con lo scopo di fare ingresso in Unione Sovietica. Arrivato a Mosca chiede la cittadinanza sovietica ma la sua richiesta viene respinta. Affranto dal fallimento tenta di togliersi la vita nell’hotel in cui è alloggiato tagliandosi le vene, ma la sua guida turistica se ne accorge e lo soccorre portandolo in ospedale, dove gli viene salvata la vita. L’episodio si rivela un colpo di fortuna: Oswald è accolto in Russia, gli viene trovato un lavoro e offerto un alloggio a Minsk, con un permesso di soggiorno e uno stipendio piuttosto sostanzioso per gli standard di vita sovietici dell’epoca.

Oswald conosce e sposa nel giro di pochi mesi Marina Nikolaevna Prusakova, una giovane collega di lavoro. Nel frattempo però il suo sogno di una nuova vita si trasforma nell’ennesimo fallimento: la vita in Russia è molto più dura di quanto non pensasse e il lavoro come operaio in una fabbrica per la produzione di radio è lontano dai suoi sogni rivoluzionari. Oswald quindi, superando le difficoltà del caso, rientra negli Stati Uniti con la moglie Marina e la figlia June Lee, nata da poco. Il governo americano gli anticipa i soldi per il viaggio concedendo a Oswald la possibilità di un rimborso a rate ma Oswald si rende conto che nessuno in patria è pronto a riaccoglierlo: si sente un eroe dimenticato da tutti, un grande uomo che per qualche motivo nessuno vuole riconoscere. Inizialmente va a vivere dal fratello Robert, quindi la madre Marguerite compra una piccola casa a Fort Worth e ospita Lee e la sua famiglia. La convivenza entra subito in crisi per i continui litigi di Lee con la madre e la famiglia Oswald si trasferisce in una cadente casa di legno. Marina conosce una piccola comunità di russi esuli in Texas e inizia a frequentarli. Oswald al contrario resta chiuso nel suo isolamento e continua a vaneggiare (sia nei suoi diari sia nei discorsi col fratello e i pochi conoscenti) di una incombente rivoluzione e della necessità di sovvertire con le armi il potere costituito.

Nel 1962 Oswald deve ancora compiere 22 anni ed è alla ricerca di un lavoro. Trova un impiego a Dallas come tipografo e usa il tempo libero per coltivare la sua “vita parallela”: si fabbrica una carta d’identità falsa col nome di Alek James Hidell (Alek era il suo nomignolo a Minsk, Hidell è la storpiatura di Fidel, il suo idolo rivoluzionario) e si dedica ai libri di spionaggio e intrighi internazionali. È convinto che l’FBI, che lo ha interrogato un paio di volte dopo il suo ritorno dalla Russia, lo controlli e usa il nome falso per procurarsi riviste militanti tramite una casella postale. I pochi soldi della tipografia permettono a Oswald di affittare un piccolo appartamento alla periferia di Dallas ma la situazione familiare non migliora. I litigi e le violenze sono all’ordine del giorno e Marina si ritrova sola nelle mani di un uomo frustrato e disturbato. Dopo mesi Oswald riesce a estinguere il debito del viaggio e spende i primi soldi messi da parte per le armi: acquista una pistola Smith&Wesson e si distrae al poligono di tiro, suo passatempo preferito. La moglie trova nel frattempo un po’ di tranquillità grazie a una nuova amica, Ruth Paine, una signora americana desiderosa di imparare il russo.

Oswald distribuisce volantini pro Fidel Castro

Poco dopo Oswald compra un fucile modello Mannlicher-Carcano (costruito nel 1940 in Italia, nella Regia Fabbrica d’Armi di Terni) e riesce a farsi assumere da una ditta di caffè a New Orleans, luogo in cui ha trasferito la sua residenza. Si appassiona alla guerriglia cubana e decide di aprire un ufficio del Fair Play for Cuba Committee (Comitato per la lealtà verso Cuba), un’organizzazione pro-Castro con sede a New York. Anche quest’iniziativa si rivela l’ennesimo fallimento: nessuno si iscrive all’organizzazione nonostante Oswald mandi rapporti pieni di entusiastici (e fantasiosi) racconti sulla propria attività a favore di Fidel Castro agli ignari fondatori del comitato. Licenziato ancora una volta, Oswald entra in depressione. Di questi mesi è una lite con anticastristi cubani, che lo sorprendono a distribuire volantini a favore di Fidel pochi giorni dopo una visita dello stesso Oswald al loro gruppo. Oswald viene trattenuto per una notte in prigione e successivamente invitato a una trasmissione radio (potete ascoltare da YouTube, cliccando qui, l’intervista effettuata il 17 agosto 1963 dal giornalista William K. Stuckey) per spiegare la propria attività. Ma la solitudine presto si impadronisce nuovamente di lui: passa le giornate chiuso in casa a giocare con il fucile e fantastica di rivoluzioni con la moglie. Nell’estate 1963 Oswald si convince che è di nuovo tempo per una azione clamorosa e si reca a Città del Messico per farsi rilasciare un visto per Cuba: lo ottiene spacciandosi per un fotografo. Si reca così all’ambasciata russa in Messico per avere un visto per l’Unione Sovietica, documento che potrebbe accelerare la sua pratica per Cuba. Ma anche questa volta le sue speranze non trovano soddisfazione.

Il biglietto dell'autobus trovato in tasca a Oswald il 22 novembre 1963

Torna a Dallas il 3 ottobre. Marina si è trasferita dall’amica Ruth Paine. Oswald è ancora una volta senza lavoro. Affitta una camera e si registra sotto falso nome (O. H. Lee), convinto che i federali lo seguano. La signora Paine lo aiuta e, tramite un conoscente, gli fa ottenere un colloquio di lavoro presso il deposito dei libri scolastici di Dallas. Inizia a lavorare il 15 ottobre. Verso la fine di novembre l’impiegato del Texas Book School Depository Lee Oswald capisce che il viaggio del Presidente Kennedy a Dallas può rappresentare un’occasione irripetibile. La mattina del 22 novembre 1963 si sveglia, va nel garage a prendere il suo fucile e si fa accompagnare al lavoro da un vicino di casa.

Alle 12.30 si sentono degli spari in Dealey Plaza, mentre il corteo del Presidente sta attraversando la città per recarsi all’International Trade Mart, un centro di uffici commerciali fuori Dallas in cui Kennedy è atteso per un discorso e un banchetto. Kennedy è colpito a morte , il governatore del Texas John Connally è gravemente ferito. Dopo la sparatoria Oswald abbandona il luogo di lavoro senza chiedere un permesso lasciando il fucile con le sue impronte al sesto piano. Prende un autobus, un taxi e va alla pensione dove dorme durante la settimana: prende la sua pistola e inizia a girovagare per la città senza meta mentre la polizia setaccia le strade di Dallas alla ricerca dell’attentatore. Notato nei pressi di un cinema di periferia, il Texas Theatre, in atteggiamento sospetto Oswald è arrestato e portato alla Centrale di polizia. Mentre viene riconosciuto da alcuni testimoni come l’assassino del poliziotto J. D. Tippit (avvenuto pochi minuti prima) si viene a sapere del suo impiego al deposito dei libri, sito proprio nella piazza in cui è avvenuto l’omicidio del Presidente. Il fucile trovato nell’edificio risulta essere il suo; in tasca gli trovano la pistola con cui ha ucciso l’agente di polizia. Oswald nega tutto ma non avrà il tempo di essere giudicato: domenica 24 novembre, mentre viene trasferito dalla Centrale della polizia di Dallas alla prigione della contea, viene ucciso da Jack Ruby, un gestore di un night club affetto da turbe psichiche.

 

 

 

 

Oswald è sepolto al Shannon Rose Hill Memorial Park di Fort Worth, Dallas.

Jack Ruby uccide Lee Harvey OswaldLa biografia di Lee Oswald di jk.it è stata adottata dalla versione italiana di Wikipedia nel 2006.

32 pensieri riguardo “La vita di Lee Harvey Oswald

  • 31 Dicembre 2018 in 11:08
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    Bah, a me sembra che Lee fosse uno non intelligente, poco sveglio ma non fuori di testa e mezzo dislessico. Ha ucciso solo per essere famoso dato che non combinava niente in vita sua. Cioe, voglio dire ha lasciato le sue impronte ovunque, non ha raccolto i bossoli é fuggito dalla struttura dove lavorava. Così si é fatto scoprire subito. Ha ucciso un poliziotto davanti a tante persone, entra al cinema senza pagare. A me non mi sembra il comportamento di uno furbo o sveglio. Fortuna lo hanno preso.

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    • 31 Dicembre 2018 in 18:08
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      Ritengo giusta la Sua analisi, anche se mi sembra che Oswald perda la sua lucidità e la sua freddezza solo quando si rende conto di aver centrato il bersaglio. Da lì in poi – probabilmente in fase di panico autocontrollato – tutta la serie di errori da Lei evidenziati

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      • 1 Gennaio 2019 in 3:16
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        Eh già chissà se per una persona che ha fatto il militare quei tiri a kennedy eran difficili. Mi pare inoltre che lee fosse diagnosticato tipo schizoide o qualcosa del genere quando era adolescente. Mi sorprende il fatto che non si sia andato a curare dopo. Nel senso che essendo una persona adulta era cosciente della sua situazione e farsi curare avrebbe risolto molti problemi che aveva nella vita

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        • 1 Gennaio 2019 in 12:50
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          Si, aveva dei disturbi psicologici diagnosticati a New York durante la sua permanenza in quella città quando era adolescente.  Ma non riuscì ad intraprendere nessuna cura perché sua madre decise improvvisamente di prendere baracca e burattini e tornare a New Orleans. Lee (che era già stato canzonato dai compagni di classe newyorkesi per il suo accento del Sud) aveva nel frattempo preso un accento newyorkese e questo nella nuova vita scolastica a New Orleans lo espose alle prese in giro dei compagni e all’isolamento. Legava con pochissimi amici. Il suo comportamento paranoico fu evidenziato anche dagli ufficiali dei Marines durante il servizio militare, durante il quale fu spesso punito per insubordinazione e fu processato per essersi ferito in camerata con una pistola fuori ordinanza di sua proprietà. Il professor Vincenzo Mastronardi ha fatto per il mio libro un’ottima analisi della personalità di Oswald, che ho pubblicato su questo sito nel Forum. I tiri di Oswald a Dallas non erano semplici ma del tutto possibili, come hanno evidenziato numerosi test anche recenti che Federico Ferrero ha pubblicato qui.

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          • 2 Gennaio 2019 in 22:11
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            Davvero triste come epilogo. Chissà se Kennedy non fosse morto, se ci sarebbe stata la disfatta del Vietnam…

      • 3 Settembre 2020 in 17:47
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        La polizia federale e i servizi segreti dopo averlo rimpatriato gli furono sempre col fiato sul collo impedendogli di rifarsi una vita in patria e facendolo licenziare ogni volta che riusciva a procurarsi un lavoro rendendo sospettosi i datori di lavoro.Sarebbe stato più logico impedirgli il rientro in patria visto che nessuno fu mai disposto a rendergli possibile un riscatto sociale.

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        • 15 Settembre 2020 in 22:17
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          Non è così. Legga “Il racconto di Oswald” di Norman Mailer. Poi magari ne riparliamo.

          Rispondi
    • 3 Gennaio 2019 in 0:11
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      Anna

      2 Gennaio 2019 in 22:11

      Davvero triste come epilogo. Chissà se Kennedy non fosse morto, se ci sarebbe stata la disfatta del Vietnam…

      CON I “SE” NON POSSIAMO FARE LA STORIA. MA FINO AL 22 NOVEMBRE NON ESISTE ATTO PUBBLICO DI KENNEDY CHE INDICHI LA VOLONTA’ DI ABBANDONARE IL VIETNAM IN MANO AI COMUNISTI, ALMENO FINO AL 1965, DOPO LA SUA RIELEZIONE: IL CLASSICO “CONTO SENZA L’OSTE”. CERTAMENTE JFK CAPIVA IN QUALE PANTANO SI FOSSE CACCIATO E CONFESSAVA AI SUOI COLLABORATORI DI VOLERSENE TIRARE FUORI, MA (AL DI LA’ DEL RITIRO DI MILLE MILITARI PER IL NATALE 1963, GESTO DI PRESSIONE SUL GOVERNO SUDVIETNAMITA AFFINCHE’ SI IMPEGNASSE MAGGIORMENTE NEL CONFLITTO) NON ESISTE DOCUMENTO CHE TESTIMONI LA VOLONTA’ DI LASCIARE A SE’ STESSO IL SUDEST ASIATICO. ANZI IL NSAM 273 DI QUEL NOVEMBRE RACCOMANDA DI RAFFORZARE I DISPOSITIVI MILITARI IN VIETNAM E DI ASSISTERE IL GOVERNO DI SAIGON PER VINCERE LA GUERRA, PENSIERO ESPRESSO ANCHE NEL DISCORSO PREPARATO PER DALLAS CHE KENNEDY NON RIUSCI’ MAI A PRONUNCIARE. I CONSIGLIERI BUNDY E MCNAMARA CHE LO AFFIANCAVANO FURONO ANCHE I CONSIGLIERI DEL NUOVO PRESIDENTE JOHNSON. DUBITO FORTEMENTE CHE KENNEDY – PRIMO PRESIDENTE CATTOLICO – SI SAREBBE PRESENTATO ALLE ELEZIONI DEL 1964 CON L’ACCUSA INFAMANTE DI AVER ABBANDONATO IL SUD VIETNAM – GOVERNATO DALLA MINORANZA CATTOLICA SUDVIETNAMITA – ALLA CONQUISTA DA PARTE DEI COMUNISTI.  PENSO CHE KENNEDY SI SAREBBE TROVATO INVISCHIATO – COME JOHNSON – IN UNA GUERRA IMPOSSIBILE DA VINCERE, A MENO DI NON SCATENARE UNA GUERRA NUCLEARE CONTRO URSS E CINA, ALLEATI MILITARI E POLITICI DEL NORD VIETNAM. C’ERANO TRE POSSIBILITA’, TUTTE IMPRATICABILI: 1) ABBANDONARE IL VIETNAM AI COMUNISTI, 2) LANCIARE BOMBE ATOMICHE SUL NORD VIETNAM O 3) LASCIARE PICCOLI PRESIDI AMERICANI SULLA COSTA SUDVIETNAMITA, CON LA SPERANZA (CHE SAREBBE FALLITA, COME SI VIDE NEL 1973 QUANDO GLI USA RITIRARONO I LORO SOLDATI E QUELLI SUDVIETNAMITI – A PARTE POCHI REPARTI – SI SBANDARONO TOTALMENTE) CHE I LORO ALLEATI ASIATICI SI SAREBBERO BATTUTI COME LEONI CONTRO LE TRUPPE DI HANOI.

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      • 3 Gennaio 2019 in 11:33
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        Io credo che forse avrebbe mosso di più la diplomazia. Un po’ come fece con Cuba. Forse non ci sarebbe stato uno scontro così prolungato coi comunisti vietnamiti, anche se Kennedy fu ad ogni modo un uomo della guerra fredda.

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        • 4 Gennaio 2019 in 15:17
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          Incredibilmente, dei tentativi diplomatici di pace furono fatti dai polacchi e dagli italiani già nel 1965 (Giorgio La Pira prima e l’ambasciatore Giovanni D’Orlandi dopo) ma i “falchi” della guerra USA pretendevano una schiacciante vittoria militare e fecero fallire questi primi promettenti passi fino al 1972, quando Hanry Kissinger iniziò a trattare il ritiro delle truppe americane dal Vietnam, che avvenne gradualmente a partire dai primi mesi del 1973. Per Kennedy il Vietnam inizialmente (a differenza di Cuba, Laos, Santo Domingo, Congo e Berlino) non era un problema primario e acquisì importanza solo nell’autunno del 1963, poco prima della sua morte. In Vietnam erano impegnati in quel momento quasi ventimila americani e in morti in combattimento erano quasi seicento. Nel discorso che non poté pronunciare a Dallas ribadiva che l’America voleva sì la pace, ma una pace ben armata, con molti muscoli e spalle larghe, a dispetto di una certa nostra sinistra che fece di JFK dopo la sua morte una “colomba” del disarmo unilaterale e del “vogliamoci bene” universale

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          • 5 Gennaio 2019 in 19:40
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            Non le sapevo queste informazioni! Nel senso che pensavo che l’escalation fosse causata da Johnson e poi Nixon. Quindi come può essere interpretato l’operato di Kennedy per la storia della baia dei porci e nella crisi cubana ? Grazie mille per l’ottimo lavoro di questo sito!  Davvero ben fatto!

          • 6 Gennaio 2019 in 0:57
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            ERRATA CORRIGE: Henry Kissinger

        • 6 Gennaio 2019 in 0:53
          Permalink

          Anna 5 Gennaio 2019 in 19:40

          Non le sapevo queste informazioni! Nel senso che pensavo che l’escalation fosse causata da Johnson e poi Nixon. Quindi come può essere interpretato l’operato di Kennedy per la storia della baia dei porci e nella crisi cubana ? Grazie mille per l’ottimo lavoro di questo sito!  Davvero ben fatto!
          GRAZIE PER I COMPLIMENTI, CHE VANNO GIRATI A FEDERICO FERRERO. KENNEDY EREDITO’ L’OPERAZIONE D’INVASIONE A CUBA DALLA PRECEDENTE AMMINISTRAZIONE EISENHOWER ED ERA MOLTO RILUTTANTE A PORTARLA AVANTI. DULLES E BISSEL DELLA CIA LO RASSICURAVANO CHE LO SBARCO DEGLI ANTICASTRISTI IN QUELL’APRILE DEL 1961 SAREBBE STATO UN SUCCESSO, MA JFK ERA DUBBIOSO SULLA BUONA RIUSCITA. ERA APPENA ENTRATO ALLA CASA BIANCA E LA SUA INESPERIENZA LO PORTO’ A FIDARSI DELLA CIA E AD AVALLARE L’OPERAZIONE, MA SI RESE SUBITO CONTO CHE NON SOLO I CUBANI NON SI UNIVANO ALLE TRUPPE ANTICASTRISTE ARMATE DAGLI USA E SBARCATE ALLA BAIA DEI PORCI, MA CHE LE COMBATTEVANO ASPRAMENTE. A QUEL PUNTO LA CIA CONSIGLIO’ DI FAR INTERVENIRE LE NAVI AMERICANE ORMEGGIATE AL LARGO E L’AVIAZIONE, MA FU A IN QUEL MOMENTO CHE KENNEDY – PER EVITARE L’ESPANDERSI DI UN CONFLITTO A LIVELLO INTERNAZIONALE – FU COSTRETTO A DIRE DI NO, PUR SACRIFICANDO DOLOROSAMENTE TUTTI GLI ANTICASTRISTI SBARCATI SULLA COSTA CUBANA, CHE FURONO UCCISI, FERITI O IMPRIGIONATI. GLI ANTICASTRISTI E LA CIA NON GLIELO PERDONARONO MAI, ANCHE SE BOB KENNEDY E LA CIA CONTINUARONO A FABBRICARE PIANI PER ABBATTERE FIDEL CASTRO. NELL’OTTOBRE 1962 EBBE MAGGIORE SANGUE FREDDO E SEPPE OPPORSI AI TENTATIVI DEI MILITARI E DELLA CIA DI BOMBARDARE LE BASI DI MISSILI INSTALLATE DAI SOVIETICI SULL’ISOLA DI CASTRO. SAGGIAMENTE OPTO’ PER UN EMBARGO NAVALE, MANTENENDO NELLO STESSO TEMPO UN CANALE DI COMUNICAZIONE SEGRETO CON MOSCA PER TROVARE UN ACCORDO NEL QUALE NESSUNO DEI DUE “PERDESSE LA FACCIA”. ALLA FINE I RUSSI SI RITIRARONO, CON GRANDE IRRITAZIONE DI CASTRO. LA STAMPA SOVIETICA PARLO’ DI UN TRIONFO DI KRUSCEV CHE AVEVA OBBLIGATO KENNEDY AD UN ACCORDO PER RITIRARE I MISSILI AMERICANI DALLA TURCHIA E DALL’ITALIA. PER LA STAMPA OCCIDENTALE INVECE KENNEDY AVEVA COSTRETTO MOSCA A SMANTELLARE LE BASI MISSILISTICHE DA CUBA. OGNUNO DICEVA DI AVER VINTO NEL BRACCIO DI FERRO, MA IN REALTA’ IL SUCCESSO DI KENNEDY ERA EVIDENTE, ANCHE SE IL MONDO IN QUEI TREDICI GIORNI DI CRISI AVEVA SFIORATO LA TERZA GUERRA MONDIALE.

          Rispondi
          • 6 Gennaio 2019 in 18:11
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            Grazie mille per la Sua risposta esaustiva. Conosco persone che danno la colpa a Kennedy per aver sfiorato la terza guerra mondiale. Dicono che fu un opportunista, soprattutto in politica estera anche per via dell’aver iniziato, secondo loro, la Guerra in Vietnam. Ad ogni modo io reputo l’omicidio di Kennedy davvero una mossa “stupida”, fatto da una persona di bassa intelligenza comeOswald che, dopo aver letto (e capito poco e  male) il pamphlet di Lamont ha deciso di uccidere Kennedy perche pensava di fare un favore a quell’esaltato e arrogante premier di Cuba. Lei ha fatto dei libri che trattino il Vietnam? Grazie

          • 6 Gennaio 2019 in 23:09
            Permalink

            Anna  Gennaio 2019 in 18:11

            Grazie mille per la Sua risposta esaustiva. Conosco persone che danno la colpa a Kennedy per aver sfiorato la terza guerra mondiale. Dicono che fu un opportunista, soprattutto in politica estera anche per via dell’aver iniziato, secondo loro, la Guerra in Vietnam. Ad ogni modo io reputo l’omicidio di Kennedy davvero una mossa “stupida”, fatto da una persona di bassa intelligenza comeOswald che, dopo aver letto (e capito poco e  male) il pamphlet di Lamont ha deciso di uccidere Kennedy perche pensava di fare un favore a quell’esaltato e arrogante premier di Cuba. Lei ha fatto dei libri che trattino il Vietnam? Grazie
            NE STO SCRIVENDO UNO SUGLI ITALIANI (NON ITALO-AMERICANI) IN VIETNAM. SPERO DI PUBBLICARLO ENTRO QUEST’ANNO

          • 7 Gennaio 2019 in 22:35
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            Aggiunta autobiografica: Quei giorni dell’ottobre 1962 (accidenti all’età!) purtroppo li ricordo benissimo. In classe eravamo terrorizzati dalla prospettiva di un terzo conflitto mondiale e la maestra di quinta ci fece fare un tema su questo argomento.

          • 3 Dicembre 2022 in 20:13
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            Ma c’è ancora qualcuno che crede che Oswald sia stato il solitario assassino del presidente Kennedy ?

             

             

          • 4 Dicembre 2022 in 8:55
            Permalink

            La vera domanda è: ma c’è ancora qualcuno che crede nel complotto?

  • 27 Marzo 2016 in 20:33
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    quindi per voi giornalisti Oswald ha agito da solo? ahahah fate ridere i polli!!!

    Rispondi
    • 29 Marzo 2016 in 15:44
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      caro Arturo,
      non “voi giornalisti” ma io, con nome e cognome. in Rete troverà una abbondante squadra di cazzari e cialtroni che raccontano tutte le teorie cospirative pensabili: è merce che attira moltissimo i polli, sa?
      peraltro a me piace molto ridere: quindi aspetto che mi spieghi, anzi, ci spieghi chi sono e come avrebbero agito i complici di Oswald. si faccia sentire.

      la saluto
      FF

      Rispondi
      • 4 Dicembre 2022 in 10:16
        Permalink

        Consiglio a Ferrero di visionare il filmato di Zapruder (reperibile su YouTube). Appare evidente che il colpo fatale fu frontale e quindi proveniente dalla collinetta antistante. Due sparatori =complotto.

         

        Rispondi
        • 4 Dicembre 2022 in 11:25
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          Vede,

          il sito su cui lei sta scrivendo i suoi commenti è il mio. Dentro, ci sono studi e ricerche durati almeno 20 anni. Non le dico neanche di mettersi a leggere perché, se non se ne è accorto, posso già immaginare il suo grado di approfondimento della questione.
          Dopodiché, la informo del fatto che la sua è l’obiezione più basica, superficiale (e soprattutto falsa) che i disinformati sul caso Kennedy fanno. Ormai conosco a memoria l’excursus: si inizia con “colpo alla tempia dalla collinetta”, poi “la testa va indietro” e poi, una volta scoperto che non dimostra assolutamente nulla, anzi, che indica il contrario, allora si passa alla paccottiglia complottista del film di Oliver Stone. Anche quella, ormai, del tutto sbugiardata.

          Consiglio comunque un clic: senza bisogno di andare su YouTube, ecco qui la risposta a tutte le domande che lei avrebbe da fare, e pure a quelle che le verranno se continuasse a informarsi sul caso. Bufale, invenzioni, mezze verità: le domande più comuni sul caso Kennedy

          Rispondi
    • 31 Dicembre 2018 in 18:09
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      E il bello è che appunto ARTURO RIDE! Si dà del pollo da solo

      Rispondi
  • 31 Gennaio 2009 in 3:16
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    PER EMULMAN:
    Testimony of George de Mohrenschildt, Hearings of the President’s Commission on the Assassination of President Kennedy (Washington, D.C. : U.S. Government Printing Office, 1964), Apr. 22, 1964, vol. 9, p. 168 (hereinafter “Warren Commission”)

    Rispondi
  • 12 Gennaio 2009 in 22:39
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    Caro Emulman,
    lei non vede (e, a memoria, non ha mai visto) le circostanze del delitto con obiettività e distacco. Altrimenti non chiamerebbe ‘prove’ cose che tutto sono, ma non prove. Su Ruby, per esempio: lei trova ‘dimostrazioni’ della premeditazione del suo gesto senza ricordare che quel mattino Oswald venne trasferito in ritardo e che solo per caso Ruby (che stava spedendo un vaglia) lo trovò ancora; che parcheggiò la macchina con la sua amata cagnolina dentro. Tutti indizi che portano a pensare un gesto estemporaneo: in quei tre giorni chiunque entrava e usciva dalla centrale di polizia, regnava il caos assoluto (e non si fatica a crederlo).
    Vogliamo chiamare Oswald capro espiatorio, lei dice? No. Il suo ragionamento (siccome Oswald è adatto a fare il capro espiatorio allora per forza è vittima di un complotto) è niente più di un’opinione. Lei esaspera gli indizi a discolpa di Oswald e ingigantisce circostanze sospette: con lo stesso metro dovrebbe guardare alla gigantesca messe di prove e indizi a favore della tesi dell’assassino solitario.
    Ma, come lei dice, “complottisti” si è e si rimane. Non per questo mi dannerò l’anima.
    La saluto

    Il responsabile del ‘sitaccio’
    FF

    Rispondi
  • 11 Gennaio 2009 in 21:15
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    sì, ma la questione è Morensnschild fu sentito o no dalla Commissione Warren? se no, per quale motivo?

    Rispondi
  • 16 Dicembre 2008 in 12:16
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    faccia attenzione alle fonti.
    la voce su wikipedia è presa in larga parte da johnkennedy.it, che a suo tempo la donò. il paragrafo sul rimborso a rate, come altri del resto, è stato aggiunto ed è privo di fonte.

    se leggesse il racconto di Oswald di Norman Mailer le si chiarirebbe tutto. provi: è lungo, ma è un gran bel lavoro.

    saluti

    Rispondi
  • 14 Dicembre 2008 in 17:17
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    da wikipedia:

    “Oswald rientrò negli Stati Uniti, con la moglie Marina e la figlia June Lee, nata il 15 febbraio 1962. Un senatore del governo americano gli anticipò i soldi per il viaggio concedendo ad Oswald la possibilità di un rimborso a rate”

    come è possibile che un senatore americano lo aiutò? chi era? è stato forse accusato di spionaggio o di attività sovversive? se niente di tutto questo vogliamo ammetetre che la faccenda è molto strana?

    da altre fonti:

    “L’unico esponente della comunità russa a mostrare interesse nei confronti di Lee Oswald fu il colto e ricco George De Mohrenschildt, geologo del petrolio, la cui condizione economico-sociale faceva si che l’amicizia con il disoccupato Lee apparisse alquanto inconsueta. De Mohrenschildt, che aveva certamente avuto rapporti con la CIA, morirà suicida nel 1978, dopo essere stato contattato da un investigatore dell’HSCA, la seconda inchiesta ufficiale sulla morte di JFK. “

    De Mohrenschildt fu sentito dalla commissione Warren? non mi risulta. Non è strana anche questa faccenda?

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    • 18 Febbraio 2019 in 0:10
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          The testimony of George S. De Mohrenschildt was taken at 10 a.m. on April 22, 1964, at 200 Maryland Avenue N.E., Washington, D.C., by Mr. Albert E. Jenner, Jr., assistant counsel of the President’s Commission. Dr. Alfred Goldberg, historian, was present.

            De Mohrenschildt, George S.   Testimony   Vol. 9 Page 166

            De Mohrenschildt, George S.   Testimony  Vol. 9 Page 196

      .     De Mohrenschildt, George S.   Testimony  Vol. 9 Page 234

      .     De Mohrenschildt, George S.   Testimony  Vol. 9 Page 264

            De Mohrenschildt, Jeanne        Testimony  Vol. 9 Page 285

            De Mohrenschildt, Jeanne        Testimony  Vol. 9 Page 297

       

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  • 13 Dicembre 2008 in 16:03
    Permalink

    salve,
    direi che con la sua premessa ha detto tutto. io, invece, non sono un ‘ista’, se non un giornal-ista che ha cercato di raccontare la vicenda con onestà.

    quello che lei dice non è esatto: provi a leggere, per esempio, “Il racconto di Oswald” di Norman Mailer nella parte che riguarda Oswald in Russia. capirà molte cose. e si legga anche come Oswald ha vissuto dopo il rientro negli Stati Uniti.

    saluti

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  • 12 Dicembre 2008 in 22:19
    Permalink

    Premettendo che sono un complottista, qui casca l’asino sulla storia di Oswald: come fa uno che scappa dall’america e che diventa russo e comunista ritornare due anni dopo in america senza che nessuno gli dica nulla, per giunta portandosi dietro la moglie russa di nascita!
    A quei tempi si era in piena guerra fredda, era appena finito il Maccartismo e uno come Oswald avrebbe dovuto finire dritto in galera per attività sovversive! e invece nulla, torna in america come se non fosse accaduto nulla di niente di strano, trova un lavoro..
    questa non è forse una prova che Oswald era forse andato in russia per conto della CIA?? e la sua attività successiva pro Castro? sembra tutta una facciata.
    Di certo se la commissione Warren cercava un assassino solitario per JFK non poteva trovare niente di meglio che un comunista scappato in russia, poi rientrato e che faceva attività pro-castro…vogliamo chiamarlo o no CAPRO ESPIATORIO???
    Non mi sembra che qui tiro in ballo i marziani come certo risponderete voi, qui espongo solo cose che sono ben visibili a chiunque…

    Rispondi
    • 18 Febbraio 2019 in 0:02
      Permalink

      Studi, studi. Deve fare ancora molta strada- MOLTA.

      Rispondi

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